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Omelia di don Gigi Melis


 

    Carissimo don Giovanni Abis,
l’emozione nel mio cuore è al massimo grado, perché pienamente consapevole della grandezza di questo giorno, il tuo Giubileo Sacerdotale, il nostro Giubileo Sacerdotale, perché 50 anni fa, esattamente 50 al giorno d’oggi, Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, di Mattina, siamo diventati Sacerdoti di Cristo, ordinati dal Grande Arcivescovo, Mons. Paolo Botto, il quale iniziò la predica, dicendo: “Oggi nel cielo di Cagliari si accendono 8 stelle”.
    Non siamo più otto. Diceva quel tale “tra morti, feriti e mutilati” siamo rimasti in due che, con spirito di baldi giovani, celebriamo con immensa gioia i nostri 50 anni di Sacerdozio per due grandi motivi: 1° per lodare, ringraziare, chiedere perdono e domandare celesti favori per il presente e il nostro futuro Sacerdotale; 2° motivo, per prendere coscienza piena, noi Sacerdoti festeggiati e tutta questa oceanica folla presente, della grandezza e preziosità del Sacerdozio Ministeriale, sorgente indispensabile e alimento necessario del Sacerdozio Battesimale o Sacerdozio Comune dei Fedeli, il quale non può in alcun modo sussistere senza il Sacerdozio Ministeriale dei Vescovi e dei Preti.
    Don Abis, Tu, questa sera celebri il tuo Giubileo Sacerdotale, e noi lo celebriamo con Te, con Te formiamo una cosa sola, una bella assemblea festosa, col comune intendimento di innalzare al Signore il ringraziamento più perfetto, perfezione di ringraziamento realizzabile solo con la Santa Messa, azione di Cristo e della sua Chiesa.
    Invito voi, all’adempimento di questo dovere, a nome di don Abis, ma invito pure in questo solenne momento, “cieli e terra, ossia la totalità della Creazione, con tutti gli esseri viventi che la abitano, a dare lode piena, lode perfetta, lode cosmica, a Dio Creatore e Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo, per l’inestimabile dono del Sacerdozio Ministeriale che il Signore ha fatto a don Abis e per la preziosa Grazia che Gli ha fatto di arrivare a celebrare, oggi, il 50° di vita Sacerdotale. A Dio, dunque, infinitamente Santo e Buono, un ringraziamento grande come è grande Lui”. E’ un dovere che dobbiamo adempiere insieme questa sera.
    Siamo qui, questa sera, anche, per prendere coscienza, in questa celebrazione, della Grandezza del Sacerdozio Ministeriale che differisce essenzialmente dal sacerdozio comune dei fedeli poiché conferisce un potere sacro per il servizio dei fedeli ( CCC,15922). In altre parole, Carissimo don Abis, siamo qui per renderci conto della tua Grandezza di Sacerdote di Cristo e della preziosità del tuo ministero svolto nei giardini che il Signore ti ha affidato per coltivarli e custodirli, da buon Agricoltore: Villamar, San Sperate, come Vice Parroco; Goni, Dolianova e Sinnai come Parroco e zelante Pastore.
    Un giorno Gesù trovandosi nei villaggi intorno a Cesarea di Filippo, con i suoi Apostoli, a bruciapelo, chiese loro: “Chi sono io per voi?”. Don Abis, se tu facessi a me, a tutta questa splendida corona di Sacerdoti, e a tutta questa immensa assemblea di fedeli, la stessa domanda che Gesù un giorno ha fatto ai suoi Apostoli “Chi sono io per voi?”, noi sapremo risponderti. Tu, don Abis, sei Sacerdote del Signore! “Sacerdos in aeternum”. Tu sei un “Alter Christus”. Tu il 29 giugno 1967 hai ricevuto gli stessi poteri di Cristo; hai l’autorità e il potere di rendere gli uomini figli di Dio; Tu hai il compito di trasmettere l’immortalità divina; tu sei colui davanti al quale si inginocchiano gli angeli; Tu sei colui che ha il potere di rinnovare l’Incarnazione tutti i giorni, facendo incarnare il Figlio di Dio sull’altare, cambiando la sostanza del pane nel corpo di Gesù e quella del vino nel suo sangue preziosissimo.
    Don Abis, la tua Persona posta questa sera al centro di tutti e di tutto, ci fa dire: “Il festeggiato è un uomo di Dio al quale suo Figlio Gesù Cristo ha dato il potere di perdonare tutti i peccati e che per 50 lunghi anni non ha fatto altro che perdonare i peccati e ridonare la vita”; Tu, don Abis, sei “il vertice di tutte le grandezze create” come disse Sant’Agostino e più tardi Sant’Ignazio di Loyola. Tu sei colui che ha diritto di essere salutato prima degli angeli come disse San Francesco d’Assisi: “Se incontrassi simultaneamente un angelo e un sacerdote, saluterei prima il sacerdote, perché egli è un altro Cristo”. Tu costituisci il dono più grande che Dio possa fare a una famiglia, come disse San Giovanni Bosco: “Il più grande dono che Dio possa fare a una famiglia è un figlio sacerdote”. Il Sacerdote é colui che rende presente sulla terra Gesù Creatore dell’universo e Salvatore del mondo. Santa Madre Teresa di Calcutta, quando era sulla terra, voi ricordate, venne a Cagliari ad accompagnare le sue Suore. Fu invitata, per l’occasione, alla Basilica di Bonaria. La fecero salire sul presbiterio. Tra le altre domande, le chiesero: “Dica ora una parola ai Sacerdoti presenti”. Risposta di Santa Madre Teresa di Calcutta: “Voi siete i più grandi Benefattori del mondo, perché ovunque rendete presente Gesù. Continuate a darci Gesù e ci basta. Con Gesù c’é tutto”. Secondo Madre Teresa questa è la vera Grandezza del Sacerdote: dà Gesù a tutti”.
    Con la Celebrazione del 50° di Sacerdozio, caro don Abis, è intendimento, di celebrare, non solo il nostro Giubileo Sacerdotale, tuo e mio, ma anche di celebrare la grandezza del Sacerdozio Ministeriale partecipato dall’unico ed eterno Sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo, per sua volontà necessario ed indispensabile per la salvezza globale dei fedeli, di anima e di corpo, per il tempo e l’eternità.
    "Come nell’ordine naturale non ci può essere vita senza la luce e l’acqua, così, nell’ordine sopranaturale, non può esserci, né permanere in funzione, la vita della grazia, senza il Sacerdozio ministeriale.
    Il famoso detto di Gesù “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” ( Mt 28, 20 ), si fa realtà vera e sicura, grazie ai suoi Sacerdoti.
     La certezza della perenne presenza di Cristo Signore tra noi e legata al Sacerdozio Ministeriale, in quanto, ad ogni Sacerdote, Gesù trasmette, col Sacramento dell’Ordine, il potere di renderlo eucaristicamente presente ovunque.
     Il Sacerdozio cattolico, per volontà di Cristo Signore, opera e opererà ininterrottamente fino alla fine della storia garantendo la presenza nel mondo del Signore Gesù, capo della Sua Chiesa.
     Il Sacerdozio di Cristo Signore é la spina dorsale della Chiesa, é l’ asse portante della storia della salvezza. Perciò: “Cessate, o campane di tutto il mondo, di squillare chiamando a raccolta i fedeli verso i templi consacrati. Invano chiamereste in assenza del Sacerdote. Sgombrate pure l’ altare se non c’é più chi celebri la Santa Messa; smontate il tabernacolo se viene a mancare chi consacri l’Eucaristia; abbattete i confessionali se non si trova più uno che abbia il potere di perdonare i peccati. Anzi: distruggete le chiese stesse, perché esse non avrebbero più: né senso, né motivo all’esistenza, con la sparizione del Sacerdote.
     E in tale sventura che cosa avverrebbe?
     Senza più il pastore, la comunità cristiana diverrebbe presto un gregge di pecore sbandate, forse di lupi rapaci, ma col tempo, inevitabilmente anche di animali immondi.
     Nella storia della salvezza, dunque, è strategica la presenza del sacerdote ordinato, assolutamente necessaria e insostituibile. Se nella nostra comunità abbiamo il sacerdote, ringraziamone profondamente e sinceramente il Signore e preghiamo che non ci venga mai a mancare, perché, il Sacerdote e il più grande benefattore del mondo, l’invenzione più geniale di Cristo Signore, da Lui lasciata in dono all’intera umanità, per la sua integrale salvezza e per la felicità piena ed eterna nella casa del Padre dove, un giorno, staranno insieme, per sempre, Sacerdoti e fedeli, felici come “Pasque”, col Signore, Creatore e Salvatore, con Maria Santissima sua e nostra Madre, con tutti gli Angeli e i Santi."

    Don Abis, generalmente, quando ci è capitato di tenere l’omelia alla Prima Santa Messa di qualche novello Sacerdote, ci permettiamo di dare alcuni consigli, di fare dono al novello levita, di alcuni suggerimenti; non ritengo cosa saggia dare consigli a un ottimo Sacerdote come te e, per di più, nel giorno della celebrazione del Cinquantesimo anniversario di Sacerdozio Ministeriale, quindi, non oso darti consigli, anche perché ti riconosco Maestro vero, in grado di dare lezioni di vita. Mi permetto, però, Carissimo don Abis, di ricordarti una verità, che non dobbiamo mai dimenticare noi Sacerdoti, e che viene presentata, con la più grande autorità e autorevolezza, da Papa San Giovanni Paolo II, nell’omelia, il giorno della celebrazione del suo 50° di Sacerdozio, celebrato nell’anno 1996. E’ insegnamento ufficiale della Chiesa che faccio mio e vorrei lo recepissi anche tu e lo vivessi appieno, per il bene che ti voglio, come caro Amico e Compagno di cordata nel corso degli studi e di formazione culturale e spirituale che ci ha portato alla vetta del Monte del Sacerdozio. Vedi, don Abis, io ho 77 anni compiuti, essendo nato il 17 gennaio 1940, sei più giovane di me di alcuni mesi, in quanto i 77 anni li compi l’8 settembre dell’anno corrente. Ebbene, può avvenire, constatando che ormai siamo nella vecchiaia, di considerarci “arretrati”, “vecchi”, “bacucchi”. Il Papa, San Giovanni Paolo II, citando la lettera agli Ebrei, Capitolo 13°, verso 8: «Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre». (Eb 13, 8) suggerisce al Sacerdote di non lasciarsi prendere dalla paura di essere considerato Sacerdote “fuori tempo”, arretrato, superato, vecchio, perché col Sacramento dell’Ordine, il nostro “oggi” Sacerdotale è stato immerso nell’ “oggi” di Gesù Cristo, perenne, giovane, costante, eterno. Il nostro Sacerdozio è ontologicamente fondato sull’ unico Sacerdozio di Cristo di cui siamo resi partecipi, per questo la nostra persona di Sacerdoti deve essere concentrata su Cristo, saldata su di lui, se cosi è, non esiste il pericolo che si diventi di “ieri”, arretrati... e vecchi. Cristo é la misura di tutti i tempi. Nel suo divino-umano, sacerdotale “oggi”, si risolve alla radice tutta l’antinomia tra il “tradizionalismo” e il “progressismo”. E’ Gesù Cristo il fondamento perenne ed eterno del nostro Sacerdozio e non altro o altri”.
     Carissimo don Abis, con l’Ordinazione Sacerdotale, dunque, siamo entrati nell’ eterna giovinezza di Cristo Signore. Celebriamo, allora, oggi, nel 50° di Sacerdozio Ministeriale, la tua e nostra eterna giovinezza Sacerdotale in Cristo Gesù. E continuiamo a celebrala tutti i giorni, questa eterna giovinezza, anche se un po’ “azzoppati” o “surdu perdali” come sto diventando io. Andiamo avanti continuando a servire il Signore, come tu l’hai sempre servito, in pienezza, instancabilmente, con immenso amore, nei confronti di tutte le persone che hai incontrato nella tua vita Sacerdotale, nei giardini parrocchiali che Dio ti ha affidato in questi 50 anni.
    Don Abis oggi è la solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo: Gli anni di Apostolato di San Pietro furono 35: 3 anni Vescovo a Gerusalemme; 7 anni Vescovo ad Antiochia; 25 anni a Roma. Gli anni di Apostolato di San Paolo furono 30: andò girando ovunque per le strade dell’impero romano e solcando i mari, 10mila Km per terra, 9mila Km per mare (Settimio Cipriani esperto di S.Paolo). Don Abis i tuoi anni di Apostolato sono 50. Io ti piazzerei in testa una corona d’oro. Gesù la sostituirà con qualcosa di più prezioso: la felicità per sempre in Cielo. Ma intanto, in base all’eterna giovinezza del Sacerdozio di Cristo: “Torra a cumenzai de bell’e e nou”.
    Don Abis, avanti tutta con coraggio a continuare a servire quel Dio “ qui laetificat iuventutem meam” come dicevamo un tempo. Dio ti darà il premio di tanto amorevole servizio Sacerdotale, ma ancora è presto, dopo il bagno di folla della festa odierna, dopo la vigorosa iniezione di giovinezza eterna della celebrazione del 50°, riprendi, con cuore giovanile, il cammino sacerdotale per altre gratificanti conquiste apostoliche, per scalare montagne sempre più alte di santità e perfezione sacerdotale. E così sia.
    Ad multos annos in Cristo Jesu. Laudetur Jesu Cristus.

Festa dei Santi Pietro e Paolo, 29 giugno 2017



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